In attesa della riforma delle pensioni, si teme per la stabilità dell’attuale sistema. Cosa accadrà in futuro? Il punto della situazione.
Il Governo è alla ricerca di strumenti per arginare l’inevitabile transizione demografica dovuta al calo del tasso di natalità.
Nel 2022, sono stati conteggiati 16.131.414 assegni pensionistici, in numero maggiore rispetto al 2021 (16.098.748) e al 2018 (16.004.503). Se il numero dei pensionati continuerà a essere superiore di quello degli occupati, il sistema previdenziale potrebbe non reggere.
Rispetto al 2008, inoltre, l’Italia ha raddoppiato la spesa sociale, salita a 157 miliardi di euro. Ma, contrariamente a quanto si sperava, non c’è stata una riduzione della povertà. Se, infatti, poco più di 10 anni fa erano 2 milioni e 100 mila le persone che vivevano in povertà assoluta, secondo l’ultimo dato ISTAT, oggi ci sono 5 milioni e 700 mila poveri.
È chiaro, dunque, che tutte le misure ideate non hanno raggiunto il loro scopo. Una delle proposte formulate dal Professor Alberto Brambilla, nell’XI Rapporto di Itinerari Previdenziali presentato nei giorni scorsi alla Camera, prevede l’erogazione di un “superbonus” per i lavoratori che decidono di rimanere in servizio fino a 71 anni.
Questa misura consentirebbe di evitare, almeno per il momento, il tracollo del sistema previdenziale italiano. Ma quali sono le altre proposte per la tutela del sistema pensionistico?
Pensioni al collasso: quali sono i possibili rimedi?
Il costo della spesa pensionistica, nel 2022, è stato di 247,588 miliardi di euro, con un incidenza sul PIL del 12,97%. Sull’insufficienza del sistema pensionistico influisce soprattutto il disavanzo della gestione dei dipendenti pubblici, con un passivo di oltre 39 miliardi di euro.
Se, invece, si escludono le maggiorazioni sociali, le integrazioni al minimo e la Gias (Gestione degli interventi assistenziali) dei dipendenti pubblici, l’incidenza sul PIL cala all’11,72% e all’8,64%, se si rimuovono i 59 miliardi di IRPEF (che, nella maggior parte degli Stati Europei non affligge le pensioni)
Per evitare dei buchi nella previdenza e il collasso dell’intero meccanismo, secondo il Professor Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, sarà necessario aumentare l’età del pensionamento ed evitare l’utilizzo eccessivo degli strumenti di flessibilità in uscita. In tale ottica, è fondamentale l’instaurazione di sussidi rivolti ai contribuenti più anziani che scelgono di rimanere a lavoro.
Solo in questo modo, infatti, tali soggetti potranno salvare la loro pensione ed evitare di perdere tutti i versamenti maturati. Le altre proposte per preservare il sistema pensionistico nel lungo periodo sono il blocco dell’anzianità contributiva a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne e l’equiparazione delle regole per l’accesso alla pensione dei contributivi puri a quelle degli altri lavoratori.