Negazione di un menù vegetariano in mensa scolastica

La richiesta di una maestra di Savona

Una diatriba che oramai perdura da diversi anni, Germana Pia insegnante elementare di Savona ci ha raccontato la sua storia e le sue difficoltà nel riscontrare comprensione nella sua scelta di vita. Germana ha condiviso con noi il proprio percorso, la forte affinità con la natura e il mondo animale che nel corso degli anni si è consolidata e manifestata anche attraverso una scelta alimentare: una decisione che tuttavia ora, nella prospettiva della sua carriera da insegnante, non riesce ad esprimersi completamente. Sebbene nel corso di quest’anno abbia preso piede l’iniziativa che prevede l’inserimento di un pasto vegetale a settimana in tutti i menù distribuiti da un servizio mensa, nel caso della nostra insegnante non vi è stato alcun segno di conciliazione o coinvolgimento, dal momento che il giorno in questione non coincide con i suoi orari di lavoro.

Altri casi noti per uno spunto di riflessione

Un’incomprensione probabilmente dovuta alla mancanza degli elementi di comunicazione necessari, ma soprattutto al fatto che la maggior parte delle persone interpretino ancora il vegetarianesimo e il veganesimo come delle diete, piuttosto che come delle autentiche scelte etico morali. Su varie testate spesso si riscontrano alcuni articoli in merito alla questione e alla sua costante evoluzione, oltre svariati richiami riguardo il costante aumento di vegetariani e vegani all’interno della popolazione, tuttavia lo stereotipo permane. Indubbiamente all’origine vi è anche una buona dose di confusione, generata maggiormente dai social, tra chi adotta un determinato stile di vita e chi semplicemente si orienta verso un’alimentazione vegetale per ragioni salutistiche; tuttavia non mancano di certo tutti i pretesti necessari per un ulteriore passo in avanti. Un caso eclatante e di una certa rilevanza è stato quello di Jordi Casamitjana, un dipendente della League Against Cruel Sports, associazione per la difesa degli animali. Avendo scoperto che la stessa azienda investiva in una società che esegue esperimenti sugli animali Casamitjiana ha prima cercato confronto con la stessa, in seguito ha informato i propri colleghi ed infine è stato licenziato. Da qui la causa indetta dallo stesso Casamitjana, il quale si è sentito discriminato a causa della propria etica, in sede di accusa l’uomo ha sottolineato l’origine del proprio veganismo, spiegando al giudice la propria morale ed il fatto che tale decisione non lo guidi solamente sul piano alimentare, ma in tutte le scelte compiute quotidianamente. Il giudice che si è occupato del caso, Robin Postle, ha stabilito chiaramente che il veganesimo etico abbia diritto di ricevere una protezione legale pari a quella riservata a “un credo filosofico o religione”, in quanto rientra nel ambito dei diritti garantiti dall’Equality Act, una legge risalente al 2010 riguardo l’uguaglianza di trattamento.

Un caso particolarmente incoraggiante ma che sfortunatamente per il momento non avrà alcuna ripercussione concreta nel nostro Paese, se non come genuino spunto di riflessione: qualsiasi persona adoperi una scelta a livello etico morale, dev’essere rispettata e libera da qualsiasi forma di pregiudizio o discriminazione.

Su questi concetti possiamo solo augurarci che il caso di Germana Pia, possa a sua volta essere un decisivo punto di svolta per chi in futuro vorrà esprimere la propria assenza senza alcun timore di subire ripercussioni.

 

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