Esistono dei rimedi per pretendere il versamento dei contributi omessi dal datore di lavoro all’INPS. Scopriamo quali sono.
La legge mette a disposizione una serie di strumenti di tutela per i dipendenti che scoprono di avere dei buchi contributivi causati dall’inadempienza del datore di lavoro.
Il mancato versamento dei contributi previdenziali e assicurativi, infatti, ha degli effetti negativi sia sul diritto sia sull’ammontare della futura pensione.
Al riguardo esiste il principio della cd. automaticità delle prestazioni, fissato dall’art. 2116 del codice civile.
La norma prevede che le prestazioni previdenziali e assistenziali obbligatorie legate alla contribuzione sono dovute anche se il datore di lavoro non è in regola con i pagamenti dei contributi all’INPS. Se, però, per cause imputabili al datore, l’INPS non può corrispondere tali prestazioni, è il datore ad essere responsabile degli eventuali danni causati ai dipendenti coinvolti.
Il lavoratore può scoprire se gli sono stati accreditati tutti i contributi dal datore richiedendo un estratto contributivo all’INPS. La certificazione contiene l’elenco di tutta la contribuzione versata e registrata, compresa quella figurativa e da riscatto.
L’INPS può anche rilasciare un estratto conto certificativo, che ha valore legale e serve soprattutto a coloro che stanno per andare in pensione e devono segnalare all’Istituto di Previdenza le anomalie riscontrate per recuperare i versamenti non accreditati.
Chi intende recuperare i contributi deve considerare che il principio dell’automaticità delle prestazioni di cui abbiamo parlato non può essere applicato nel caso in cui i contributi siano caduti in prescrizione. Questa opera dopo 5 anni, ma se il lavoratore denuncia l’inadempimento del datore, il termine di prescrizione sale a 10 anni.
Nel caso in cui sia intervenuta la prescrizione, i periodi di lavoro scoperti da contribuzione andranno persi e il dipendente potrà solo chiedere al datore il risarcimento dei danni causati dall’inadempimento.
Se non è intervenuta la prescrizione, i lavoratori possono segnalare l’illecito del datore all’INPS, che procederà con una diffida accertativa, insieme all’Agenzia delle Entrate, nei confronti del datore di lavoro e con l’eventuale denuncia per evasione contributiva.
In alternativa, il lavoratore può sempre richiedere il riscatto oneroso dei contributi prescritti, che dovrà pagare in autonomia.
C’è, infine, il cd. litisconsorzio necessario, ossia una causa con la quale il lavoratore cita in giudizio sia il datore di lavoro sia l’INPS, previsto dall’art. 102 del codice di procedura civile. Lo scopo è far ottenere al dipendente la condanna del datore di lavoro al versamento all’INPS dei contributi omessi e, allo stesso tempo, la regolarizzazione della propria posizione contributiva dall’Ente previdenziale.
In ogni caso, consigliamo di farsi assistere da un avvocato giuslavorista e specializzato nel settore della previdenza e assistenza.
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